Il TURISMO ENOGASTRONOMICO IN ITALIA


di Luciana Rassati


Il turismo, in particolare quello enogastronomico e la ristorazione, rappresentano per il nostro Paese una grandissima risorsa. L’Italia abbonda di paesaggi incantevoli, di bellezze architettoniche capaci di attirare turisti da ogni parte del pianeta, di buon cibo e di altrettanto buon vino. Un abbinamento perfetto, visto che i turisti devono pur mangiare.





Il difetto nel nostro Paese, si sa, è la scarsa valorizzazione delle potenzialità esistenti. Se, da un lato, una buona parte della responsabilità è attribuibile alle istituzioni, dall’ altro, i privati puntano troppo spesso a tirare acqua al proprio mulino, anziché fare squadra. Al tempo stesso, ci sono in Italia, anche in zone “insospettabili”, esempi di piccoli imprenditori del turismo e della ristorazione che puntano all’ eccellenza e che, anzi, fanno da traino per tutto il loro territorio.
Secondo dati forniti dalla Wine Tourism Conference (http://winetourismconference.org/), gli arrivi turistici mondiali nel settore dell’enoturismo sono pari a circa 20 milioni, di cui solo 3 milioni sono diretti in Italia.
Un numero modesto che dimostra come questo settore abbia ancora larghi margini di crescita. Del resto, secondo una ricerca presentata nel 2012 dal Movimento Turismo del Vino, l’ enoturista in Italia è soprattutto italiano (62%), contro il 38% di turisti stranieri.
 Negli ultimi anni, abbiamo assistito a due trend diversi. Il primo: il turismo di massa e di più lunga durata (per esempio, verso mare e montagna) ha subito una contrazione, considerato come una spesa da tagliare nel bilancio delle famiglie durante la crisi economica. Il secondo: il turismo minoritario, i tour tematici e legati agli short break non hanno subito una tale contrazione, perché considerati meno superflui e, anzi, una valida alternativa a soggiorni più lunghi.
Anche i viaggi brevi all’ estero hanno visto una crescita, in particolare con i voli low-cost, così come le gite fuori porta, meglio se legate al turismo enogastronomico. Persino l’acquisto di souvenir si è spostato verso i prodotti alimentari, considerati una spesa meno superflua.
Questo è quanto è emerso dal Rapporto Censis - Città del vino 2013, redatto da Censis Servizi.


Ed ecco qui alcune caratteristiche riscontrate: il mercato del turismo enogastronomico rappresenta ancora una nicchia, lontana dal turismo di massa e, in quanto tale, ha notevoli prospettive di sviluppo; la concorrenza fra destinazioni è bassa, c’è ancora un notevole margine di crescita; inoltre, le mete sono considerate molto diverse tra loro, soprattutto in un’ottica di gita fuori porta e di turismo di prossimità; i turisti rientrano soprattutto nella categoria degli specialisti e appassionati.
Mancano all’ appello i curiosi e i modaioli: anche per questo il margine di crescita resta alto; sebbene ci sia stato un miglioramento, manca ancora una strategia. Si ragiona usando il buon senso e questo sarebbe anche un bene, ma senza pianificazione; c’è ancora molta prudenza sugli strumenti di innovazione (inclusa la comunicazione, che resta, complice anche la crisi, il fanalino di coda negli investimenti).

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